Chiamiamola "saggezza del barista". A incarnarla alla perfezione sul grande schermo è un barman-robot: protagonista di una indimenticabile scena nel film "Passengers", regala illuminati consigli all'avventore Chris Pratt. Ma per gestire al meglio i clienti al bancone non serve essere un automa che lucida bicchieri su un'astronave sperduta nello spazio. Spesso bastano sorrisi, ascolto e capacità di mantenere il segreto professionale. Nello spazio limitato che separa chi serve da chi beve, si possono creare connessioni. Anzi, per molti clienti scambiare una parola fa parte del pacchetto tanto quanto il ghiaccio nel bicchiere.
LA SIMPATIA COME ARMA DI PERSUASIONE
"Quella del barista è una professione di grande relazione con le persone- ragiona Silvia gazzotti, psicologa del lavoro e della comunicazione-. Se chi sta dietro al bancone non è comunicativo, per carattere o per umore, dovrebbe sforzarsi di esserlo. In un certo senso, lo richiede la professione. La clientela se lo aspetta. E spesso sceglie un locale per il suo personale".
Ma come capire se chi è al banco ha voglia di parlare o preferisce stare per i fatti suoi? "Bisogna anzitutto ascoltare. Si dà sempre importanza a cosa dire, rischiando di travolgere l'altro per un proprio bisogno personale di parlare. Ma è ascoltando che si può analizzare la situazione e capire se l'altro ha voglia di parlare o meno - dice Gazzotti. Anche osservare è utile: chi fissa il cellulare, distoglie lo sguardo o sta seduto in qualsiasi direzione tranne che verso il barman, probabilmente non ha voglia di chiacchiere. Vale comunque la pena di sfoderare il sorriso, che è l'altra grande risorsa a disposizione insieme all'ascolto. "Il sorriso piace all'essere umano, innesca il piacere di stare insieme. Con sguardi e sorrisi possiamo dire al cliente che siamo disponibili a comunicare, ma che se non ne ha voglia va bene lo stesso", racconta l'esperta. Inoltre il sorriso chiama simpatia. "E secondo lo psicologo Robert Cialdini, la simpatia è una delle armi di persuasione, intesa come capacità di essere piacevoli e creare relazioni". E magari vendere un altro drink.
Stabilito se ci sono margini di chiacchiera, è bene fare domande generali e che prevedano risposte aperte, non un semplice si o no. "Come è andata la giornata?" è un grande classico. Certo, c'è il rovescio della medaglia: un cliente che ha bisogno di una spalla, magari complice l'alcol, potrebbe passare dalla chiacchiera leggera alle confidenze. "Anche se non c'è il segreto professionale per i barman, è bene che le confidenze restino tali -osserva Gazzotti- e va evitato il pettegolezzo, il telefono senza fili di quello che è stato condiviso, magari in un momento difficile".
Se invece l'avventore ci prende gusto e si imbarca in discorsi senza fine, è possibile correre ai ripari per non farsi travolgere e trascurare gli altri clienti. In questo caso aiuta un po' di diplomazia. "Mi piacerebbe poter stare a parlare, ma ora devo tornare al lavoro. Troveremo un'altra occasione" è un modo elegante per sfilarsi dalla morsa. Anche fare da sponda e mettere in connessione due utenti soli può essere una tattica. Se entrambi sono aperti al dialogo si può fare un tentativo: dallo stesso drink ordinato alla squadra di calcio tifata, il barman può cercare di dare il là a una conversazione. Se hanno voglia, andranno avanti da sé. In generale, però, meglio evitare di impicciarsi nelle conversazioni altrui, ma se si nota tensione, uno sguardo e un cenno come dire "se serve sono qua" può essere utile a chi cerca un supporto. "Se ci sono persone che litigano, invece, si può intervenire, domandando di abbassare i toni, per chiedere il rispetto del proprio spazio di lavoro", conclude Silvia Gazzotti.